Ispirandoci al Dracula di Stoker abbiamo immaginato le nostre storie, scegliendo il diario come struttura narrativa.
Scrittura originale
Il mio capo mi ha ordinato di fare un reportage al castello di Gropparello sul suo fantasma, Rosania, quindi dovrò vivere lì per una settimana. Prima di tutto mi sono documentato e ho scoperto tutto sulla storia di Rosania.
“Lancillotto Bracciforte, uno dei giovani
capitani d’arme del marchese Pallavicino, signore di Piacenza, molto stimato per
il suo valore, ebbe l'ordine dal suo signore di espugnare la Rocca di Cagnano,
tenuta da Pietro di Cagnano, che ne aveva avuto l'investitura dal rettore della
cattedrale di Piacenza. Lancillotto con i suoi armati partì alla volta del
castello e, malgrado la disperata difesa degli assediati, riuscì a conquistarlo.
Mentre il prode capitano si dirigeva verso la rocca, il ponte elevato si abbassò
lentamente e dal portone uscì, seguita da alcune ancelle, una bella dama, che,
fattasi incontro al cavaliere vittorioso, si inchinò davanti a lui chiedendo
pietà per lei e i suoi familiari. Lancillotto colpito dalla grazia della dama,
saltò dall'arcione per cavallerescamente rialzarla. Quale non fu il suo stupore
nel riconoscere in lei la bella Rosania che alcuni anni prima aveva amato e che
non aveva potuto fare sua sposa perchè avversato dai familiari di lei di parte
guelfa! Rosania da alcuni mesi era andata sposa a Pietro Cagnano, che, dopo
poco, si era dovuto portare in Val Ceno a difendere certi suoi possedimenti che
gli erano stati strappati dai Lusardi. Per questo il signore di Cagnano non era
stato presente alla battaglia e la conquista del castello era stata
relativamente facile. Il rivedersi dei due giovani innamorati indusse Rosania a
mancare ai suoi doveri di sposa; ma la vecchia fantesca Verzuvia scoprì la
tresca e si ripromise di vendicarsi della bella Rosania, che non poteva
soffrire. Il mattino seguente Lancillotto tornò in città con i suoi soldati,
pochi prigionieri e uno scarso bottino. Rosania lo vide partire con grande
angoscia, presagendo molte sventure. Il giorno di poi Pietro, avvertito da un
messo partito dalla rocca prima dello scontro, tornò rapidamente al castello e
gli fu facile riprenderlo uccidendo la scorta ghibellina, lasciata da
Lancillotto. Qualche tempo dopo Verzuvia informò il suo signore della tresca fra
Rosania e Lancillotto. Pietrone, offeso e addolorato, ideò una terribile
vendetta. Infatti, con il pretesto di costruire un nascondiglio sicuro in caso
di nuovi assalti, fece scavare nella roccia viva, sotto le fondamenta del
castello un vano, la cui entrata doveva essere chiusa da pietrame e roccia
tranne una piccola porta d'accesso ferrata. Ultimati i lavori, Pietrone da
Cagnano, con una scusa, trasferì i suoi armati e il personale di servizio in
altri castelli; alla Rocca erano rimasti il castellano, Verzuvia, Ceccone da
Groppo, sicario fedelissimo del Cagnano e Rosania, che assisteva con sospetto a
ciò che stava succedendo.
Pietrone volle che la sposa cenasse con lui e
mettesse il bell'abito di raso bianco con cui era andata incontro a Lancillotto.
A fine cena, fece portare un piccolo orcio di vin santo in cui aveva fatto
disciogliere del sonnifero e gliene somministrò due tazze. Poco dopo la bella
Rosania cadde in un sonno profondo. Ceccone da Groppo la prese e la portò nella
famosa camera scavata nella roccia; quindi con il suo signore accatastò contro
l'apertura ferrata macigni e terriccio sì da far scomparire ogni traccia dell
ingresso. Sulla porticina Pietrone aveva scritto:
"Maledizione a chi questa
porta aprirà e di Rosania pietade avrà".
Svegliati i valletti, sellati i
cavalli in piena notte, Pietrone e la sua scorta si diressero verso i monti. A
chi gli chiedeva di Rosania egli rispondeva che ella era partita con Verzuvia ed
era andata dai suoi familiari. Nel castello rimase solo il vecchio custode, il
quale in seguito affermò che dalle forre del Vezzeno saliva una voce lamentosa
di pianto e invocazioni, che poi si spegneva e spergiurava che quella era
l'anima della vecchia Verzuvia, qualche giorno dopo l'infausta partenza, era
stata trovata sfracellata in fondo al Vezzeno, e pare anche con un pugnale nel
cuore. Una tradizione popolare diceva che nelle notti tempestose e di vento
dalle rocce sotto il castello saliva il lugubre lamento della bella Rosania e in
qualche sera di plenilunio si vedeva vagare nella pineta una eterea figura, che
svaniva e si perdeva nei riflessi argentei della luna nella chiare acque del
Vezzeno: era il fantasma di Rosania che invocava il bel
Lancillotto”.
13 Giugno 2010
Preparo le sole poche cose che mi possano servire e, dopo aver chiamato un taxi, parto alla volta di Gropparello. Il viaggio è lunghissimo e non riesco afar altro che guadare fuori dal finestrino. Il paesaggio e pieno di vigneti ed uliveti, qua e là si trova anche qualche casetta di campagna o qualche fattoria. Ormai si è fatta sera e non siamo ancora arrivato; le luci delle case sulla strada sono quasi tutte spente tranne alcune che lasciano intravedere le ombre
delle persone al loro interno. Finalmente arriviamo a Gropparello e dopo aver pagato il conto al tassista mi dirigo da colui che sarà la mia guida fino al castello; percorro tantissime viuzze e svolto sempre in posti più scuri fino ad arrivare al punto dove ci saremmo incontrati: un parchetto che sembra dimenticato da tantissimi anni, le foglie creano un tappeto dove il rumore dei miei passi viene attutito, una moltitudine di corvi grossi quanto un gatto
gracchiano creando un rumore insopportabile e mi squadrano come si guarda un carcerato in tribunale. La luna, nascosta dietro un albero, provoca degli schizzi di luce qua e là dando a ogni cosa che tu guardi un fare minaccioso. Gli alberi innanzi a me creano ombre mostruose che sembrano pronte a prendere vita.
Davanti a me un uomo è appoggiato all’ unico lampione acceso che crea un’atmosfera spaventosa ma allo stesso momento rassicurante, so di potermi fidare di lui. Mi avvicino e vedo un uomo gobbo, malforme, piegato su se stesso come se stesse sorreggendo un fardello troppo pesante, su tutto il cranio un numero inimmaginabile di cicatrici e ustioni, al guardarlo provo un senso di pietà per quel omuncolo. Ci fu subito un silenzio imbarazzante rotto dalla voce di quel essere, acuta e goffa ma soprattutto stranamente inumana, che mi invita a seguirlo fino alla carrozza. La carrozza è trainata da due cavalli neri come la pece e con gli occhi rossi come due tizzoni ardenti. Entro dentro, un divanetto in legno costituisce l’unica mobilia di quello stanzino e lo spazio è unicamente per me, nessun altro ci sarebbe stato. Consegno i miei bagagli al cocchiere e ci dirigiamo verso al castello. Mentre ci avviciniamo alla roccaforte gli alberi iniziano a perdere le foglie ed il clima a diventare sempre più freddo ed infine si entra quasi in un inverno perenne. Durante il viaggio non sento altro rumore se non quello degli zoccoli dei cavalli al trotto: non sento il cocchiere dare ordini ai destrieri, non sento gli schiocchi delle fruste né le briglie tirare. Il castello è una fortificazione circondata
dalla natura più aspra, arroccata su di una collina a strapiombo sul lento corso del Vezzeno, una fortezza quasi inespugnabile. Varcata la soglia del portone principale mi è sembrato di entrare in un mondo del tutto diverso, avvolto dalle tenebre. I muri sono ricoperti di ritratti e in fondo al corridoio scorgo quello che dovrebbe essere di Rosania. Vengo accompagnato alla mia stanza e mi corico subito sul letto. Mi addormento immediatamente sotto il peso di questa giornata.
Gropparello, 14 Giugno 2010
Mi sveglio con la sensazione di essere osservato da qualcuno, mi guardo in giro ma non vedo nessuno. Ricontrollo ancora e la finestra è aperta –“ma io ieri sera l’ho chiusa” fu subito il mio pensiero-, qui qualcosa non quadra.
Ricevo da Codalunga, il servo del castello, l’invito dell’attuale padrone di corte, Gianfranco Giorgio Gibelli, per la colazione. Vengo accompagnato fino alla porta della sala da pranzo: un grosso portone pieno di decorazioni in bronzo e con i pomelli tutti dorati. In entrambe le ante della porta qualcosa mi fa credere di vedere due visi intagliati nel legno, uno che sorride quasi malignamente mentre l’altro che piange anche se niente di questo esiste veramente. Prima di aprire la porta, Codalunga si annunciò al suo padrone sbattendo il grosso bastone ,che porta sempre con se per sorreggersi contro la porta che si aprì automaticamente mostrando un tripudio di luci, arome di qualsiasi tipo e di colori. Il “re” è seduto su una grossa poltrona rivestita d’oro ,in fondo alla stanza, al di là di un tavolo lungo quasi cinque metri. La stanza è composta da una galleria con soffitto a volta .Vengo subito attratto da un ritratto appoggiato al monumentale camino in fondo alla stanza: è uguale
identico a me, -chissà chi è?-. La domanda mi esce spontanea “mi scusi, chi è la persona ritratta in quel dipinto dietro a lei?”. Il mio ospite non sembra affatto turbato da questa domanda e subito mi risponde che è, o meglio era, Lancillotto Bracciforte, l’amante di Rosania. Finita la colazione vengo informato che sarei rimasto da solo per tutta la mia permanenza a castello visto che il conte Gibelli sarebbe andato a Parma per il matrimonio di sua nipote.
Vengo congedato e mi dirigo nella biblioteca del castello: altissimi scaffali pieni di libri impolverati ricoprono tutta la mia visuale; grandi candelabri occupano tutte le pareti della stanza e costituiscono l’unica fonte di luce. Prendo una candela e vado alla ricerca dell’ultimo libro che è stato letto (quello con meno polvere sopra); lo trovo, lì, in uno scaffale in fondo alla stanza. Estraggo il libro: la copertina è tutta nera con delle borchie dorate ai lati; leggo il titolo: “Trattato sull’esistenza degli spiriti”.
Mentre sto tornando alla mia stanza da letto, per leggere il libro appena trovato, vengo interrotto da uno strano rumore proveniente dal corridoio: sembrava un pianto ma aveva qualcosa di innaturale. Attraversato l’ultimo corridoio sento lo stesso pianto allontanarsi sempre di più verso i piani superiori del castello. Raggiungo con circospezione le scale e vedo là, in fondo agli scalini, un ectoplasma bianco che appena si accorge della mia presenza
sparisce nei vicoli più oscuri. Corro per cercare di raggiungerlo ma appena arrivo alla fine della scalinata non c’è più alcuna presenza tranne che la mia. Sconsolato, per aver trovato il fantasma che poi mi è sfuggito, vado a dormire.
Gropparello, 15-16 Giugno 2010
Appena sveglio trovo la colazione vicino al mio letto –chi l’ha messa qui? Codalunga non è più al castello-. Qui sta succedendo qualcosa di strano- ma non riesco a mangiare niente sapendo che c’è qualcun altro oltre a me nel castello. Apro il libro e nella prima pagina trovo dei nomi tra cui scorgo quello del conte Gibelli. Passo tutta la giornata a leggere e trovo tantissime informazioni sugli spiriti: come sono finiti in questo mondo, come possono essere fatti, quelli maligni e quelli benevoli. E poi tra le ultime pagine trovo la biografia dello scrittore del libro: la stessa Rosania, il fantasma del castello.La giornata passa senza che il fantasma si faccia vedere quindi vado a dormire subito.
Durante la notte vengo svegliato da un rumore acuto, quasi come un grido femminile provenire da sotto al pavimento, prendo una torcia e cerco delle scale che possano portarmi di sotto. Mentre cammino il pavimento sotto i miei piedi si rompe e cado in una stanza larghissima. D’improvviso la torcia si spegne e rimango al buio. La luce si riaccende e davanti a me trovo il volto di una donna e subito mi viene in mente il ritratto che avevo visto al mio arrivo al castello: è Rosania. I tratti leggeri del suo viso mi fanno capire che la sua morte è stata prematura, i capelli sono sciolti e qua e là hanno ramature facendo scoprire qual’era il loro colore originario anche sé sono trasparenti come ogni altra parte del suo corpo; il suo vestimento è formato da una sottana che le raggiunge la metà del polpaccio. Appena mi vede scappa attraverso il mio corpo e poi dietro a me, cerco di seguirla fino a raggiungere una sala con delle volute altissime; attaccate a dei perni al soffitto ci sono delle gabbie in ferro arrugginito dal tempo, dentro ad una di esse c’è un cadavere decomposto che, con la mano, sembrava indicare un luogo al muro; lungo il pavimento sono disposti dei marchingegni per torturare le persone. Prima che possa raggiungere il posto indicato dallo scheletro mi riappare Rosania che, con il braccio destro, mi trapassa la testa, in quell’istante mi è sembrato di vedere migliaia e migliaia di persone urlare di dolore. Tutte le immagini che ho visto fino ad
un momento fa scompaiono e mi ritrovo coricato per terra, mi rialzo a fatica e raggiungo le pareti in prossimità ad una fessura; con tutta la forza che mi rimane in corpo tiro un calcio alla parete che si sfracella creando un rombo insopportabile. Davanti a me una porta con su scritto: ” Maledizionea chi questa porta aprirà e di Rosania pietade avrà”, è la porta
della leggenda, apro la porta incurante di quello che potrebbe succedermi –che gesto sciocco-. Cinque volti ectoplasmatici escono dalla porta e si disperdono in tutte le parti del castello. Cado a terra per lo spavento e mi sento mancare, in un secondo la vista si offusca e scompare del tutto; quando riapro gli occhi mi trovo nella mia camera con Codalunga che veglia vicino a me. Oramai è sera e mi addormento in un attimo incurante del fatto di aver dormito tutta la giornata.
Gropparello, 17 Giugno 2010
Quando mi sveglio ormai il sole sta calando e vengo sopraffatto da un tripudio di colori, tutto nella mia stanza assume colorazioni tendenti al rosso. Le ombre dei mobili sbattono contro il muro e assumono forme inquietanti. Sento dei rumori provenire dal mio armadio e quando riesco a metterlo a fuoco noto che sta traballando. Mi avvicino, lo apro, con una furia spaventosa esce urlante un vecchio che mi corre in contro, cado all’indietro per lo spavento, mi rialzo e poi corro alla porta per poi trovarmi in una parte del castello che non avevo
mai visto. Le pareti sono improvvisamente più basse e strette e la luce è fiochissima proveniente da una torcia attaccata al muro, qua e là sul muro ci sono ragnatele grosse quanto me e su una di essa vi sta un ragno con un teschio sulla parte posteriore del suo corpo. Percorro il corridoio fino ad arrivare ad un vicolo cieco allora lo ripercorro a ritroso ed arrivo ad un altro vicolo cieco solo che questa volta sul muro è presente un ritratto di Rosania. –“Ed ora come faccio ad uscire” fu il mio pensiero“non ci sono vie di fuga”-, allora
rifaccio tutto il tragitto già percorso guardando da ogni lato per scoprire ogni minimo particolare e mi accorgo che ad un certo punto, sul muro, un mattone è più in rilievo, lo spingo e dietro di me il muro si muove! Da quella porta esce una puzza di cadavere mista a quella di muschio. Mi avvicino con cautela e attraverso l’uscio. Una luce abbagliante si accende e mi acceca per qualche secondo, dopo essere riuscito a vedere di nuovo mi ritrovo in un mondo in cui la solitudine regna sovrana: la stanza è vuota c’è solo una sedia al centro ed un'unica finestra fa da fonte di luce. Improvvisamente le tende della finestra appaiono blu e iniziano a muoversi come se dotate di vita propria anche se non c’è un filo di vento, la sedia inizia a dondolare e lì capisco di non essere solo. Mi guardo intorno impaurito e quando torno a guardare la sedia una bambina mi viene addosso urlante. Dopo essermi passata attraverso scompare tra i vicoli dietro di me. Mi dirigo alla finestra per prendere una boccata d’aria e in mezzo alla strada sotto di me un altro fantasma, stavolta un bambino, indica ridendo qualcosa sopra di me, alzo lo sguardo e riesco a vedere solo un altro bambino fantasma, uguale identico a quello di prima, prima che una trave mi cada in testa.
Gropparello, 18-19 Giugno 2010
Appena mi sveglio noto Codalunga che cammina violentemente nella mia stanza; quando mi vede sveglio mi corre incontro e arrabbiato mi chiede se avevo aperto la porta, io confuso risposi di non sapere di cosa stesse parlando. Puntualizza e dice della porta in cui stava il corpo di Rosania e della maledizione che avrebbe segnato la vita di colui che l’avrebbe aperta. Poi aggiunge il modo in cui ci si poteva liberare della maledizione ma rimane comunque molto criptico:” Solo quando lo spirito sarà in pace con se stesso, solo allora potrà tornare alla quiete del cielo”. Dopo questa frase mi lascia da solo nella solitudine della mia stanza. Prendo il coraggio a due mani e decido di tornare alle segrete del castello. Ripercorro il tragitto della notte del quarto giorno e appena arrivo al buco che feci quel giorno mi calo giù. Raggiungo la porta di Rosania e noto che nel pavimento c’è una botola coperta dal vecchio scheletro di Rosania. Sposto delicatamente lo scheletro e apro la botola per scendere le scale sotto di essa. Percorro scalinate che mi portano da tutte le parti e alla fine raggiungo la fine. Una porta sta difronte a me e prima che io possa mettere la mano sulla maniglia si apre magicamente da sola. Mi ritrovo in un salone ampissimo con un soffitto a cupola tutto formato da mosaici satanici. Sulle pareti è situata un'unica finestra che dà sul cimitero e delle scritte fatte col sangue; al centro della stanza su un tappeto rosso a forma tondeggiante ci sono cinque candele accese messe in modo da formare una stella. Guardo fuori dalla finestra e ormai è già buio, sento un rumore di catene venire da dietro di me e appena mi giro la porta si chiude lasciandomi prigioniero. Apparentemente non c’è via di fuga ma la mia esperienza mi dice di guardare dappertutto. Raggiungo la scritta e leggo: ” eva airam aneip id aizarg…” dell fumo esce dal centro della stella sul pavimento e si materializza una figura ectoplasmatica. Nel suo viso riconosco uno di quelli usciti dalla porta della stanza in cui giaceva lo scheletro di Rosania, era quello più strano di tutti ma anche quello più spaventoso. Si avvicina a me con fare minaccioso ma prima che riesca a raggiungermi la porta si sfonda ed entra Codalunga che mette in fuga il fantasma. Dopo essermi ripreso dallo shock mi accorgo che ormai si è fatto pomeriggio e sono già arrivato all’ultimo giorno di permanenza e che non ho ancora capito cosa stia succedendo qui dentro. I cinque visi ectoplasmatici usciti dalla “tomba” di Rosania stanno cercando di spaventarmi e Codalunga mi spiega che mi vogliono ostacolare –“ma ostacolare in cosa?”-. Vengo accompagnato da Codalunga verso un salone da ballo tutto addobbato e mi racconta che proprio in questo giorno di tanto tempo fa Rosania venne uccisa. Due scalinate in fondo alla sala portano verso un balconcino da cui scorgo una figura femminile che scende dalle scale tutta vestita da gran galà. Noto che è Rosania solo che d’un tratto non sembra più un fantasma. Si avvicina a me e mi racconta tutta la sua storia e di come brama di finire la sua vita da spirito ma soprattutto continua a parlarmi come se fossi Bracciforte. –“Ora ho capito tutto: lei pensa che io sia il suo vecchio amante che per colpa dello sposo non ha più potuto rivedere. Devo trovare il modo di farla tornare in pace come mi disse Codalunga.”- non riesco a finire i miei pensieri che Rosania mi rivela ciò che desidera di più cioè un ultimo bacio dal suo amato. Non so cosa fare ma mi è chiaro che solo in questo modo posso liberare questo posto e me dalla maledizione così accetto. Dopo un bacio durato un infinità Rosania mi ringrazia e scompare lasciando un infinità di granolini di polvere luccicante. In quell’istante il portone di ingresso sbatte ed entra il “conte”Gibelli che mi dice che la mia permanenza al castello è finita e mi congeda. Durante al viaggio per tornare a casa ripenso all’avventura che ho vissuto in questa settimana e a come potrei scriverlo ma non trovo modo migliore che descrivere tutto ciò in un diario come facevano i capitani delle navi.
“Lancillotto Bracciforte, uno dei giovani
capitani d’arme del marchese Pallavicino, signore di Piacenza, molto stimato per
il suo valore, ebbe l'ordine dal suo signore di espugnare la Rocca di Cagnano,
tenuta da Pietro di Cagnano, che ne aveva avuto l'investitura dal rettore della
cattedrale di Piacenza. Lancillotto con i suoi armati partì alla volta del
castello e, malgrado la disperata difesa degli assediati, riuscì a conquistarlo.
Mentre il prode capitano si dirigeva verso la rocca, il ponte elevato si abbassò
lentamente e dal portone uscì, seguita da alcune ancelle, una bella dama, che,
fattasi incontro al cavaliere vittorioso, si inchinò davanti a lui chiedendo
pietà per lei e i suoi familiari. Lancillotto colpito dalla grazia della dama,
saltò dall'arcione per cavallerescamente rialzarla. Quale non fu il suo stupore
nel riconoscere in lei la bella Rosania che alcuni anni prima aveva amato e che
non aveva potuto fare sua sposa perchè avversato dai familiari di lei di parte
guelfa! Rosania da alcuni mesi era andata sposa a Pietro Cagnano, che, dopo
poco, si era dovuto portare in Val Ceno a difendere certi suoi possedimenti che
gli erano stati strappati dai Lusardi. Per questo il signore di Cagnano non era
stato presente alla battaglia e la conquista del castello era stata
relativamente facile. Il rivedersi dei due giovani innamorati indusse Rosania a
mancare ai suoi doveri di sposa; ma la vecchia fantesca Verzuvia scoprì la
tresca e si ripromise di vendicarsi della bella Rosania, che non poteva
soffrire. Il mattino seguente Lancillotto tornò in città con i suoi soldati,
pochi prigionieri e uno scarso bottino. Rosania lo vide partire con grande
angoscia, presagendo molte sventure. Il giorno di poi Pietro, avvertito da un
messo partito dalla rocca prima dello scontro, tornò rapidamente al castello e
gli fu facile riprenderlo uccidendo la scorta ghibellina, lasciata da
Lancillotto. Qualche tempo dopo Verzuvia informò il suo signore della tresca fra
Rosania e Lancillotto. Pietrone, offeso e addolorato, ideò una terribile
vendetta. Infatti, con il pretesto di costruire un nascondiglio sicuro in caso
di nuovi assalti, fece scavare nella roccia viva, sotto le fondamenta del
castello un vano, la cui entrata doveva essere chiusa da pietrame e roccia
tranne una piccola porta d'accesso ferrata. Ultimati i lavori, Pietrone da
Cagnano, con una scusa, trasferì i suoi armati e il personale di servizio in
altri castelli; alla Rocca erano rimasti il castellano, Verzuvia, Ceccone da
Groppo, sicario fedelissimo del Cagnano e Rosania, che assisteva con sospetto a
ciò che stava succedendo.
Pietrone volle che la sposa cenasse con lui e
mettesse il bell'abito di raso bianco con cui era andata incontro a Lancillotto.
A fine cena, fece portare un piccolo orcio di vin santo in cui aveva fatto
disciogliere del sonnifero e gliene somministrò due tazze. Poco dopo la bella
Rosania cadde in un sonno profondo. Ceccone da Groppo la prese e la portò nella
famosa camera scavata nella roccia; quindi con il suo signore accatastò contro
l'apertura ferrata macigni e terriccio sì da far scomparire ogni traccia dell
ingresso. Sulla porticina Pietrone aveva scritto:
"Maledizione a chi questa
porta aprirà e di Rosania pietade avrà".
Svegliati i valletti, sellati i
cavalli in piena notte, Pietrone e la sua scorta si diressero verso i monti. A
chi gli chiedeva di Rosania egli rispondeva che ella era partita con Verzuvia ed
era andata dai suoi familiari. Nel castello rimase solo il vecchio custode, il
quale in seguito affermò che dalle forre del Vezzeno saliva una voce lamentosa
di pianto e invocazioni, che poi si spegneva e spergiurava che quella era
l'anima della vecchia Verzuvia, qualche giorno dopo l'infausta partenza, era
stata trovata sfracellata in fondo al Vezzeno, e pare anche con un pugnale nel
cuore. Una tradizione popolare diceva che nelle notti tempestose e di vento
dalle rocce sotto il castello saliva il lugubre lamento della bella Rosania e in
qualche sera di plenilunio si vedeva vagare nella pineta una eterea figura, che
svaniva e si perdeva nei riflessi argentei della luna nella chiare acque del
Vezzeno: era il fantasma di Rosania che invocava il bel
Lancillotto”.
13 Giugno 2010
Preparo le sole poche cose che mi possano servire e, dopo aver chiamato un taxi, parto alla volta di Gropparello. Il viaggio è lunghissimo e non riesco afar altro che guadare fuori dal finestrino. Il paesaggio e pieno di vigneti ed uliveti, qua e là si trova anche qualche casetta di campagna o qualche fattoria. Ormai si è fatta sera e non siamo ancora arrivato; le luci delle case sulla strada sono quasi tutte spente tranne alcune che lasciano intravedere le ombre
delle persone al loro interno. Finalmente arriviamo a Gropparello e dopo aver pagato il conto al tassista mi dirigo da colui che sarà la mia guida fino al castello; percorro tantissime viuzze e svolto sempre in posti più scuri fino ad arrivare al punto dove ci saremmo incontrati: un parchetto che sembra dimenticato da tantissimi anni, le foglie creano un tappeto dove il rumore dei miei passi viene attutito, una moltitudine di corvi grossi quanto un gatto
gracchiano creando un rumore insopportabile e mi squadrano come si guarda un carcerato in tribunale. La luna, nascosta dietro un albero, provoca degli schizzi di luce qua e là dando a ogni cosa che tu guardi un fare minaccioso. Gli alberi innanzi a me creano ombre mostruose che sembrano pronte a prendere vita.
Davanti a me un uomo è appoggiato all’ unico lampione acceso che crea un’atmosfera spaventosa ma allo stesso momento rassicurante, so di potermi fidare di lui. Mi avvicino e vedo un uomo gobbo, malforme, piegato su se stesso come se stesse sorreggendo un fardello troppo pesante, su tutto il cranio un numero inimmaginabile di cicatrici e ustioni, al guardarlo provo un senso di pietà per quel omuncolo. Ci fu subito un silenzio imbarazzante rotto dalla voce di quel essere, acuta e goffa ma soprattutto stranamente inumana, che mi invita a seguirlo fino alla carrozza. La carrozza è trainata da due cavalli neri come la pece e con gli occhi rossi come due tizzoni ardenti. Entro dentro, un divanetto in legno costituisce l’unica mobilia di quello stanzino e lo spazio è unicamente per me, nessun altro ci sarebbe stato. Consegno i miei bagagli al cocchiere e ci dirigiamo verso al castello. Mentre ci avviciniamo alla roccaforte gli alberi iniziano a perdere le foglie ed il clima a diventare sempre più freddo ed infine si entra quasi in un inverno perenne. Durante il viaggio non sento altro rumore se non quello degli zoccoli dei cavalli al trotto: non sento il cocchiere dare ordini ai destrieri, non sento gli schiocchi delle fruste né le briglie tirare. Il castello è una fortificazione circondata
dalla natura più aspra, arroccata su di una collina a strapiombo sul lento corso del Vezzeno, una fortezza quasi inespugnabile. Varcata la soglia del portone principale mi è sembrato di entrare in un mondo del tutto diverso, avvolto dalle tenebre. I muri sono ricoperti di ritratti e in fondo al corridoio scorgo quello che dovrebbe essere di Rosania. Vengo accompagnato alla mia stanza e mi corico subito sul letto. Mi addormento immediatamente sotto il peso di questa giornata.
Gropparello, 14 Giugno 2010
Mi sveglio con la sensazione di essere osservato da qualcuno, mi guardo in giro ma non vedo nessuno. Ricontrollo ancora e la finestra è aperta –“ma io ieri sera l’ho chiusa” fu subito il mio pensiero-, qui qualcosa non quadra.
Ricevo da Codalunga, il servo del castello, l’invito dell’attuale padrone di corte, Gianfranco Giorgio Gibelli, per la colazione. Vengo accompagnato fino alla porta della sala da pranzo: un grosso portone pieno di decorazioni in bronzo e con i pomelli tutti dorati. In entrambe le ante della porta qualcosa mi fa credere di vedere due visi intagliati nel legno, uno che sorride quasi malignamente mentre l’altro che piange anche se niente di questo esiste veramente. Prima di aprire la porta, Codalunga si annunciò al suo padrone sbattendo il grosso bastone ,che porta sempre con se per sorreggersi contro la porta che si aprì automaticamente mostrando un tripudio di luci, arome di qualsiasi tipo e di colori. Il “re” è seduto su una grossa poltrona rivestita d’oro ,in fondo alla stanza, al di là di un tavolo lungo quasi cinque metri. La stanza è composta da una galleria con soffitto a volta .Vengo subito attratto da un ritratto appoggiato al monumentale camino in fondo alla stanza: è uguale
identico a me, -chissà chi è?-. La domanda mi esce spontanea “mi scusi, chi è la persona ritratta in quel dipinto dietro a lei?”. Il mio ospite non sembra affatto turbato da questa domanda e subito mi risponde che è, o meglio era, Lancillotto Bracciforte, l’amante di Rosania. Finita la colazione vengo informato che sarei rimasto da solo per tutta la mia permanenza a castello visto che il conte Gibelli sarebbe andato a Parma per il matrimonio di sua nipote.
Vengo congedato e mi dirigo nella biblioteca del castello: altissimi scaffali pieni di libri impolverati ricoprono tutta la mia visuale; grandi candelabri occupano tutte le pareti della stanza e costituiscono l’unica fonte di luce. Prendo una candela e vado alla ricerca dell’ultimo libro che è stato letto (quello con meno polvere sopra); lo trovo, lì, in uno scaffale in fondo alla stanza. Estraggo il libro: la copertina è tutta nera con delle borchie dorate ai lati; leggo il titolo: “Trattato sull’esistenza degli spiriti”.
Mentre sto tornando alla mia stanza da letto, per leggere il libro appena trovato, vengo interrotto da uno strano rumore proveniente dal corridoio: sembrava un pianto ma aveva qualcosa di innaturale. Attraversato l’ultimo corridoio sento lo stesso pianto allontanarsi sempre di più verso i piani superiori del castello. Raggiungo con circospezione le scale e vedo là, in fondo agli scalini, un ectoplasma bianco che appena si accorge della mia presenza
sparisce nei vicoli più oscuri. Corro per cercare di raggiungerlo ma appena arrivo alla fine della scalinata non c’è più alcuna presenza tranne che la mia. Sconsolato, per aver trovato il fantasma che poi mi è sfuggito, vado a dormire.
Gropparello, 15-16 Giugno 2010
Appena sveglio trovo la colazione vicino al mio letto –chi l’ha messa qui? Codalunga non è più al castello-. Qui sta succedendo qualcosa di strano- ma non riesco a mangiare niente sapendo che c’è qualcun altro oltre a me nel castello. Apro il libro e nella prima pagina trovo dei nomi tra cui scorgo quello del conte Gibelli. Passo tutta la giornata a leggere e trovo tantissime informazioni sugli spiriti: come sono finiti in questo mondo, come possono essere fatti, quelli maligni e quelli benevoli. E poi tra le ultime pagine trovo la biografia dello scrittore del libro: la stessa Rosania, il fantasma del castello.La giornata passa senza che il fantasma si faccia vedere quindi vado a dormire subito.
Durante la notte vengo svegliato da un rumore acuto, quasi come un grido femminile provenire da sotto al pavimento, prendo una torcia e cerco delle scale che possano portarmi di sotto. Mentre cammino il pavimento sotto i miei piedi si rompe e cado in una stanza larghissima. D’improvviso la torcia si spegne e rimango al buio. La luce si riaccende e davanti a me trovo il volto di una donna e subito mi viene in mente il ritratto che avevo visto al mio arrivo al castello: è Rosania. I tratti leggeri del suo viso mi fanno capire che la sua morte è stata prematura, i capelli sono sciolti e qua e là hanno ramature facendo scoprire qual’era il loro colore originario anche sé sono trasparenti come ogni altra parte del suo corpo; il suo vestimento è formato da una sottana che le raggiunge la metà del polpaccio. Appena mi vede scappa attraverso il mio corpo e poi dietro a me, cerco di seguirla fino a raggiungere una sala con delle volute altissime; attaccate a dei perni al soffitto ci sono delle gabbie in ferro arrugginito dal tempo, dentro ad una di esse c’è un cadavere decomposto che, con la mano, sembrava indicare un luogo al muro; lungo il pavimento sono disposti dei marchingegni per torturare le persone. Prima che possa raggiungere il posto indicato dallo scheletro mi riappare Rosania che, con il braccio destro, mi trapassa la testa, in quell’istante mi è sembrato di vedere migliaia e migliaia di persone urlare di dolore. Tutte le immagini che ho visto fino ad
un momento fa scompaiono e mi ritrovo coricato per terra, mi rialzo a fatica e raggiungo le pareti in prossimità ad una fessura; con tutta la forza che mi rimane in corpo tiro un calcio alla parete che si sfracella creando un rombo insopportabile. Davanti a me una porta con su scritto: ” Maledizionea chi questa porta aprirà e di Rosania pietade avrà”, è la porta
della leggenda, apro la porta incurante di quello che potrebbe succedermi –che gesto sciocco-. Cinque volti ectoplasmatici escono dalla porta e si disperdono in tutte le parti del castello. Cado a terra per lo spavento e mi sento mancare, in un secondo la vista si offusca e scompare del tutto; quando riapro gli occhi mi trovo nella mia camera con Codalunga che veglia vicino a me. Oramai è sera e mi addormento in un attimo incurante del fatto di aver dormito tutta la giornata.
Gropparello, 17 Giugno 2010
Quando mi sveglio ormai il sole sta calando e vengo sopraffatto da un tripudio di colori, tutto nella mia stanza assume colorazioni tendenti al rosso. Le ombre dei mobili sbattono contro il muro e assumono forme inquietanti. Sento dei rumori provenire dal mio armadio e quando riesco a metterlo a fuoco noto che sta traballando. Mi avvicino, lo apro, con una furia spaventosa esce urlante un vecchio che mi corre in contro, cado all’indietro per lo spavento, mi rialzo e poi corro alla porta per poi trovarmi in una parte del castello che non avevo
mai visto. Le pareti sono improvvisamente più basse e strette e la luce è fiochissima proveniente da una torcia attaccata al muro, qua e là sul muro ci sono ragnatele grosse quanto me e su una di essa vi sta un ragno con un teschio sulla parte posteriore del suo corpo. Percorro il corridoio fino ad arrivare ad un vicolo cieco allora lo ripercorro a ritroso ed arrivo ad un altro vicolo cieco solo che questa volta sul muro è presente un ritratto di Rosania. –“Ed ora come faccio ad uscire” fu il mio pensiero“non ci sono vie di fuga”-, allora
rifaccio tutto il tragitto già percorso guardando da ogni lato per scoprire ogni minimo particolare e mi accorgo che ad un certo punto, sul muro, un mattone è più in rilievo, lo spingo e dietro di me il muro si muove! Da quella porta esce una puzza di cadavere mista a quella di muschio. Mi avvicino con cautela e attraverso l’uscio. Una luce abbagliante si accende e mi acceca per qualche secondo, dopo essere riuscito a vedere di nuovo mi ritrovo in un mondo in cui la solitudine regna sovrana: la stanza è vuota c’è solo una sedia al centro ed un'unica finestra fa da fonte di luce. Improvvisamente le tende della finestra appaiono blu e iniziano a muoversi come se dotate di vita propria anche se non c’è un filo di vento, la sedia inizia a dondolare e lì capisco di non essere solo. Mi guardo intorno impaurito e quando torno a guardare la sedia una bambina mi viene addosso urlante. Dopo essermi passata attraverso scompare tra i vicoli dietro di me. Mi dirigo alla finestra per prendere una boccata d’aria e in mezzo alla strada sotto di me un altro fantasma, stavolta un bambino, indica ridendo qualcosa sopra di me, alzo lo sguardo e riesco a vedere solo un altro bambino fantasma, uguale identico a quello di prima, prima che una trave mi cada in testa.
Gropparello, 18-19 Giugno 2010
Appena mi sveglio noto Codalunga che cammina violentemente nella mia stanza; quando mi vede sveglio mi corre incontro e arrabbiato mi chiede se avevo aperto la porta, io confuso risposi di non sapere di cosa stesse parlando. Puntualizza e dice della porta in cui stava il corpo di Rosania e della maledizione che avrebbe segnato la vita di colui che l’avrebbe aperta. Poi aggiunge il modo in cui ci si poteva liberare della maledizione ma rimane comunque molto criptico:” Solo quando lo spirito sarà in pace con se stesso, solo allora potrà tornare alla quiete del cielo”. Dopo questa frase mi lascia da solo nella solitudine della mia stanza. Prendo il coraggio a due mani e decido di tornare alle segrete del castello. Ripercorro il tragitto della notte del quarto giorno e appena arrivo al buco che feci quel giorno mi calo giù. Raggiungo la porta di Rosania e noto che nel pavimento c’è una botola coperta dal vecchio scheletro di Rosania. Sposto delicatamente lo scheletro e apro la botola per scendere le scale sotto di essa. Percorro scalinate che mi portano da tutte le parti e alla fine raggiungo la fine. Una porta sta difronte a me e prima che io possa mettere la mano sulla maniglia si apre magicamente da sola. Mi ritrovo in un salone ampissimo con un soffitto a cupola tutto formato da mosaici satanici. Sulle pareti è situata un'unica finestra che dà sul cimitero e delle scritte fatte col sangue; al centro della stanza su un tappeto rosso a forma tondeggiante ci sono cinque candele accese messe in modo da formare una stella. Guardo fuori dalla finestra e ormai è già buio, sento un rumore di catene venire da dietro di me e appena mi giro la porta si chiude lasciandomi prigioniero. Apparentemente non c’è via di fuga ma la mia esperienza mi dice di guardare dappertutto. Raggiungo la scritta e leggo: ” eva airam aneip id aizarg…” dell fumo esce dal centro della stella sul pavimento e si materializza una figura ectoplasmatica. Nel suo viso riconosco uno di quelli usciti dalla porta della stanza in cui giaceva lo scheletro di Rosania, era quello più strano di tutti ma anche quello più spaventoso. Si avvicina a me con fare minaccioso ma prima che riesca a raggiungermi la porta si sfonda ed entra Codalunga che mette in fuga il fantasma. Dopo essermi ripreso dallo shock mi accorgo che ormai si è fatto pomeriggio e sono già arrivato all’ultimo giorno di permanenza e che non ho ancora capito cosa stia succedendo qui dentro. I cinque visi ectoplasmatici usciti dalla “tomba” di Rosania stanno cercando di spaventarmi e Codalunga mi spiega che mi vogliono ostacolare –“ma ostacolare in cosa?”-. Vengo accompagnato da Codalunga verso un salone da ballo tutto addobbato e mi racconta che proprio in questo giorno di tanto tempo fa Rosania venne uccisa. Due scalinate in fondo alla sala portano verso un balconcino da cui scorgo una figura femminile che scende dalle scale tutta vestita da gran galà. Noto che è Rosania solo che d’un tratto non sembra più un fantasma. Si avvicina a me e mi racconta tutta la sua storia e di come brama di finire la sua vita da spirito ma soprattutto continua a parlarmi come se fossi Bracciforte. –“Ora ho capito tutto: lei pensa che io sia il suo vecchio amante che per colpa dello sposo non ha più potuto rivedere. Devo trovare il modo di farla tornare in pace come mi disse Codalunga.”- non riesco a finire i miei pensieri che Rosania mi rivela ciò che desidera di più cioè un ultimo bacio dal suo amato. Non so cosa fare ma mi è chiaro che solo in questo modo posso liberare questo posto e me dalla maledizione così accetto. Dopo un bacio durato un infinità Rosania mi ringrazia e scompare lasciando un infinità di granolini di polvere luccicante. In quell’istante il portone di ingresso sbatte ed entra il “conte”Gibelli che mi dice che la mia permanenza al castello è finita e mi congeda. Durante al viaggio per tornare a casa ripenso all’avventura che ho vissuto in questa settimana e a come potrei scriverlo ma non trovo modo migliore che descrivere tutto ciò in un diario come facevano i capitani delle navi.